Mostra William Tode
Mostra William Tode
Succorpo Cattedrale San Sabino e S. Teresa dei Maschi
IL PERIODO NERO DI WILLIAM TODE
di Carlo Levi
….allora, non aveva che nove anni! Lo ritrovai, parecchi anni dopo, a Roma, diventato, da ragazzo, un uomo, quasi irriconoscibile, ma con la stessa e più intensa, candida volontà di esprimersi. Erano stati anni difficili, di privazioni, di dolori, di impedimenti di ogni natura, nei quali Tode non aveva mai smesso di lavorare, con straordinario coraggio e aveva scelto, maturandosi, la sua strada, quella nella quale egli sentiva di riconoscersi, e alla quale dava il nome di coloro che egli aveva non per esterna imitazione, ma per impulso di cuore e volontà precisa di continuità, eletto liberamente a Maestri; si pensi al suo grande amore per il “suo“, Masaccio, e Piero della Francesca, e la profonda amicizia con Renato Guttuso.
Uno dei caratteri dominanti dell’arte e della personalità di William Tode è appunto questa capacità di scegliere, in un tempo come il nostro, nel quale, e non solo per i giovani, la molteplicità e la dispersione sono come una selva intricata e senza sentieri. E la fedeltà alla scelta fatta, che è un certo atteggiamento di fronte al mondo espressivo, un rapporto che vuol essere totale con le cose, anche se ad esso egli dà, modestamente, i nomi dei maestri da lui eletti tali, e fieramente riconosciuti e sventolanti come bandiere. Così egli usa affermare, quando è generale abitudine la pretesa di costruire una lingua individuale prima di avere qualche cosa da dire, che la pittura moderna non può nascere dall’assoluta solitudine e da un vuoto astorico, ma da un’opera comune in cui si sviluppano le forme particolari, e che perciò è indispensabile avere un Maestro, scoprirselo e inventarselo e scegliere i dati della sua fantasia come punto di partenza e condizione di lavoro, nello stesso modo come nei tempi classici dell’ arte. Affermazione che vale già come un’ indicazione morale ed estetica nel senso dell’ unità dell’ uomo e della universalità dell’ esperienza artistica. Quali sono questi punti di partenza, non occorre cercare perché essi risultano evidenti all’ osservatore. Ma su questi che non sono mai puri schemi, ma reali contenuti già pieni in se stessi di infinite possibilità, interviene la personalità originale dell’ artista, che li sviluppa, li varia, vi immette nuove esperienze e nuove ricerche, gira attorno al tema iniziale, lo apre, lo fa veramente proprio, e lo porta ad esprimere la passione che è sua, con una fiducia assoluta nel valore della espressione. Alcuni dei motivi fondamentali nell’estetica espressiva di William, gli vengono dall’ interpretazione del linguaggio masaccesco e dal primitivismo plastico di Giotto, altre immagini archetipe da impressioni ed esperienze che risalgono, forse, all’ infanzia, e che ritornano come simboli permanenti, il “nonno carrettiere” e “ nonna Caterina”, che già durante la guerra, 1943- 45, gli aveva insegnato a dipingere ad affresco e a tempera, e lo aiutava a dipingere “paracamini”, con temi bucolici della terra virgiliana.
Nascono così, autentici capolavori del “periodo nero”, superbi affreschi come ”Maternità della terra”, vincitore del “ Premio Suzzara”, 1960, o, il “ Ritorno alla madre terra“, monumentale composizione di intensa drammaticità, riecheggiante il plasticimo michelangiolesco. Così, nascono tra il 1960 e il 1963 le grandi composizioni parietali e ad “encausto”, di carattere sociale, sempre del periodo nero, permeato di drammaticità e intensa poesia, come l’ “Eccidio di Sarnico”, 1960, vincitore di un “premio” alla Quadriennale romana”, “Fuga dalla città”, e “Genesi”, vastissime tele, che ritroviamo in questa mostra romana presso la “ Michelangelo”; tutte queste opere, come anche il suo “Partigiano”, scultura in legno del 1960, anch’essa premiata alla “Quadriennale”, ci testimoniano di una attualità struggente e significativa della lezione quattrocentesca su un filone archetipo molto prossimo a Sironi, ma in Tode, esente dalla retorica “novecentesca”; in William vi è un carattere mistico, panteistico e francescano, anche se permane tematicamente in un’atmosfera pagana aulica e classicheggiante. Sarà significativo ricercare di quadro in quadro come, nel ritornare come in un leitmotiv, lo stesso motivo tematico, quasi in termini ossessivi, della “ Incomunicabilità coniugale”, “ Solitudine”, le “città industrializzate” e la società consumistica, e si aggiungano continuamente modi diversi e tecniche, quali l’olio, l’affresco, la tempera, e il “suo rarissimo e misterioso encausto”, che egli esperimenta, facendosi da sé i colori, come un alchimista di tempi andati; e poi la scultura, l’incisione, le sue superbe xilografie e meravigliose litografie, con cui, Tode, canta la condizione esistenziale dell’ uomo moderno…( Roma 1964 )